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“Watchmen”: tutto grigio in città 1/3

Chi sorveglia i sorveglianti?

È  l’ammonimento che sembra venire fuori dalle pagine di “Watchmen“, la miniserie lanciata nel 1986 che rivoluzionò in maniera definitiva il mondo dei fumetti. In solo dodici uscite, la pulsante saga ideata da Alan Moore raccontò in maniera del tutto inedita la vita dei supereroi.

Watchmen” analizza il post-idealismo, parla attraverso il ventre molle dell’eroe-vigilante. Attuale ed irrimedialmente profetica, la saga di Moore evidenzia le peggiori pulsioni dei governanti, di quei controllori che grazie alla collaborazione dei Vigilanti dalla labile morale, rientrano prima in possesso delle città nelle mani del crimine, e poi ridisegnano gli equilibri geopolitici grazie all’uomo nuovo: il Dottor Manhattan, semi-Dio quasi onnisciente, che funge da deterrente per le super potenze in grado di scatenare un conflitto atomico.

Con una sola unica eccezione (Dottor Manhattan), in “Watchmen” non ci sono uomini in possesso di superpoteri, gli eroi mascherati sono incapaci di stabilire a priori un confine tra bene e male. Tutti tranne uno, Rorschach: antieroe disumanizzato dalla vita, che senza mai perdere la coerenza iniziale andrà incontro al proprio destino rifiutando ogni tipo di compromesso.

Attraverso le meravigliose illustrazioni di Dave Gibbons e la sagace scelta dei colori adottata da John Higgins, la vecchia graphic novel segnò il passo nei confronti di un’estetica narrativa ricca di rimandi alla contemporaneità. “Watchman” riscrive spesso la storia, qui gli Stati Uniti escono vittoriosi dal pantano vietnamita grazie all’intervento dell’indistruttibile Dottor Manhattan e del Comico, cinico eroe mascherato, invischiato nelle trame più oscure di una nazione-impero che sposta gli equilibri mondiali. A tal proposito, in una delle battute memorabili della saga Il Comico dice:

Se avessimo perso in Vietnam ci avrebbe fatto andare fuori di testa. Intendo come nazione.

Quella di Moore fu la prima opera letteraria a sdoganare i vecchi comics, focalizzando l’attenzione sulla figura dell’anti-supereroe. L’universo di “Watchmen” è quanto mai attuale, indifferente, vorace, malsano. Alan Moore non prende in considerazione alcun tipo di censura, contaminando il lettore al solo sguardo.

Il tema ricorrente è l’abuso di potere, la trasformazione di una società che di punto in bianco genera la soluzione, uomini-eroi che indosseranno una maschera per entrare in azione e smuovere una giustizia impotente. Uomini-eroi che perderanno di vista l’obiettivo iniziale. In totale assenza di controllo sul loro operato, la forbice fra giustizia e morale (propria) si allargherà a tal punto che i cittadini faranno fatica a comprendere chi sia il vero pericolo.

“Watchmen” racconta di noi, dello spirito liquido che ha contaminato ogni cosa, di vigilanti che sconfinano in una condotta schizzofrenica dando vita ad un mondo che costringe anche l’ultimo eroe all’isolamento. Dopo aver vissuto tutto l’orrore possibile, dopo aver deciso di stabilire un netto confine fra bianco e nero non ci sono più grigi oll’orizzonte per Rorschach.

A seguire,  i meravigliosi titoli di testa della trasposizione cinematografica di “Watchmen” diretta da Zack Snyder.

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